domenica 31 luglio 2011

NAPOLITANO SI ALZA DALLA TAVOLA DEI PAPPONI


 di Franco Bechis
 

Il passo poteva essere più deciso, ma dopo aver sbuffato insieme al segretario generale del Quirinale, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è arreso in pochi giorni alle richieste di  Libero.
Avevamo suggerito di iniziare a tagliare i costi della politica dal vertice vero del Paese, quel palazzo sul Colle che costa agli italiani 228 milioni di euro all’anno, il doppio esatto dell’Eliseo.


Il Quirinale prima si era risentito, poi aveva  replicato con una lettera a Libero del suo più alto funzionario, il segretario generale Donato Marra, in cui si sosteneva che il bilancio dell’istituzione fosse assai poco tagliabile, essendo tutte spese obbligatorie.
Infine ieri è capitolato, dopo che i senatori avevano già deciso di tagliare parte dei loro costi e appena prima che la Camera (lo farà fra lunedì e martedì) approvasse le sue riduzioni di spesa.

Un gesto simbolico è arrivato dallo stesso Napolitano: come aveva segnalato solo Libero, il suo emolumento è stato l’unico stipendio politico non solo a non essere mai stato ridotto dal 2006 ad oggi, ma addirittura ad essere aumentato di circa 2mila euro lordi mensili ogni anno.

Ora ammonta a 239.181 euro lordi, che netti fanno 136.397,81.
Napolitano, irritato dalle sollecitazioni di  Libero, alla fine ne ha riconosciuto parzialmente la fondatezza.
Ieri ha annunciato che da qui a fine mandato chiederà al ministro dell’Economia di non corri spondergli gli aumenti previsti.
Quindi sicuramente quelli del 2012 e dei primi mesi del 2013, quando scadrà il suo mandato.


PRIMA VOLTA

Il comunicato del Quirinale fa riferimento anche all’anno in corso, ma la sola rinuncia in questo caso sembra tecnicamente più difficile.
I primi sette mesi di stipendio dovrebbero essere già stati corrisposti a Napolitano, con il relativo aumento di 14mila euro lordi.
La rinuncia a 2mila euro lordi in più potrebbe partire da agosto, oppure se Napolitano volesse, potrebbero essere restituiti anche i 14mila euro già percepiti.
È la prima volta che un presidente della Repubblica rinuncia a qualcosa dell’emolumento personale, e la notizia è importante.


 COLLE E FINANZIARIA

Bisogna dire che durante il settennato di Napolitano i parlamentari prima si sono ridotti l’indennità del 10 per cento e poi hanno tagliato diaria e rimborso spese di segreteria di mille euro.
Il presi-dente della Repubblica fa ora il suo primo passettino.
Nel comunicato diffuso ieri dal Quirinale si annuncia anche la restituzione al Tesoro di 15.048.000 euro nel triennio 2012-2015 sotto forma di risparmi.

Lo sforzo del Colle qui è praticamente nullo.
Perché si tratta solo della applicazione anche al Quirinale delle norme contenute nella finanziaria sulle pensioni d’oro nel pubblico impiego: i contributi di solidarietà per le pensioni superiori ai 90mila e ai 150mila euro.
Insieme a quelli anche altri provvedimenti del governo sul congelamento degli stipendi pubblici.
La vera notizia contenuta nel comunicato del Quirinale però non è tanto quella dell’applicazione di
quelle norme previste dalla legge italiana, ma il suo esatto contrario.


 SCELTA REGALE

Pensavamo che fosse auto-matico, e invece oggi apprendiamo che sul Colle la legge italiana si applica solo quando lo decide il presidente della Repubblica, che si comporta così come un re.
Solo da ieri infatti, grazie alla firma di Napolitano, anche i dipendenti del Quirinale sono sottoposti alle restrizioni sul pubblico impiego previste dal decreto legge 78 del 2010.
Fu emanato il 31 maggio dell’anno scorso, in tutta Italia è in vigore da 14 mesi ormai.
Sul regno separato del Colle per motu proprio del presidente della Repubblica è in vigore solo da ieri.

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