venerdì 28 ottobre 2011

I due passi avanti del Cav. e il passo indietro dei guastatori (di destra e non)


di Giorgio Stracquadanio
 

Dopo il successo riportato a Bruxelles, con l’approvazione della lettera di intenti programmatici per assicurare la sostenibilità del debito pubblico italiano e promuovere la crescita economica, il premier ha dimostrato anche ai muri, se ce ne fosse stato bisogno, quanto fosse falsa la tesi per la quale il problema dell’Italia sarebbe Berlusconi e la sua credibilità nazionale e internazionale.

I sorrisetti fuor di luogo di Nicolas Sarkozy - che avrebbe invece ottimi motivi per essere corrucciato dato che se Roma piange Parigi non ride - hanno lasciato lo spazio ad una valutazione tanto puntuale quanto rassicurante sulla situazione dei conti pubblici italiani e sulla robustezza dell’economia e del credito nel nostro Paese, oltre che sulla adeguatezza delle misure individuate dal governo e di cui il premier italiano si è fatto anche garante politico.

Il Consiglio europeo dell’altro ieri mette dunque la parola fine sul teatrino nazionale che per qualche giorno sembrava preludere al crollo del governo, e rende un pò ridicoli quanti nel Pdl insistono nella bersanesca richiesta al premier di fare un passo indietro per favorire l’allargamento della maggioranza. 
Chi non si è accorto di quanto è accaduto al Consiglio Europeo o è in malafede o è politicamente analfabeta.

Il punto semmai è opposto: da ieri il presidente del Consiglio ha conquistato ulteriore forza, essendo riuscito a rappresentare agli alleati europei una situazione obbiettiva dei conti pubblici e un programma credibile e ben scadenzato nel tempo di misure necessarie per rafforzare la sostenibilità del debito pubblico e rilanciare la crescita dell’economia. 
La linea esposta nel documento programmatico soddisfa pienamente le aspettative presentate all’Italia dalla Bce nella ben nota lettera dello scorso agosto con la quale la Banca Centrale si impegnava a sostenere almeno in parte il debito italiano, qualora il governo avesse messo in atto misure necessarie alla crescita.

Ora Silvio Berlusconi ha ottenuto un mandato dall’Europa, che lo rafforza sul piano nazionale e che offre all'alleanza di governo l’opportunità di rovesciare, nei prossimi diciotto mesi che ci separano dalla fine della legislatura, le difficili condizioni dell'economia nazionale e, insieme ad esse, gli infausti pronostici di futura sconfitta elettorale.

Con questo forte mandato, Berlusconi dovrebbe sfidare le opposizioni, e in particolare quelle forze che condividono gli obiettivi e l’agenda del governo, perché diano un contributo fattivo alla realizzazione di quelle misure che sono necessarie a portare l’Italia e l’Europa in condizioni di stabilità finanziaria, rilanciando l’economia e la produzione di ricchezza, uniche vere armi per contrastare il pericolo del debito e lo spettro del declino. 

Dunque, non occorre un passo indietro, ma due avanti, per portare nel perimetro del governo e della maggioranza parlamentare quelle forze politiche che - senza pregiudizi o rancori - hanno il dovere di guardare agli interessi del Paese e dei ceti produttivi, del mondo delle imprese e del lavoro da cui la sinistra politica e sindacale sono ormai lontane anni luce.

Oltre a chi gli chiede un passo indietro, il premier dovrebbe respingere al mittente le proposte di chi gli suggerisce di arroccarsi nel fortino di Palazzo Chigi da qui a gennaio, per poi puntare alle elezioni nel 2012, prima di crollare, viste le difficoltà numeriche che la maggioranza incontra quotidianamente alla Camera dei Deputati. 

La strategia definita da qualcuno della “riduzione del danno” sarebbe letale per Berlusconi e il suo partito, perché per la prima volta in quasi vent’anni di storia separerebbe l’interesse politico del premier e del gruppo dirigente del suo partito da quello del suo popolo e di quanti - a tutti i livelli - hanno combattuto in questi anni per non consegnare il Paese in mano alle sinistre.

Sarebbe paradossale se, a quasi vent’anni dalla discesa in campo, fosse proprio Berlusconi per una strategia insensata a consegnare il Paese in mano a Bersani, Vendola e Di Pietro. 
Questa sì, sarebbe una uscita di scena ingloriosa.
 

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