martedì 25 ottobre 2011

Anche il povero Cameron finisce sotto lo schiaffo di Nicolas Sarkozy

Eurocapricci a Bruxelles
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di Alma Pantaleo
 

Da maestrina dalla penna rossa a scolaro bacchettato.
Così la Gran Bretagna si è ritrovata a Bruxelles con le ginocchia sui ceci.
Non ne possiamo più di sentire le vostre critiche e di sentirci dire da voi cosa dobbiamo fare” ha tuonato il Presidente francese, Nicolas Sarkozy, al premier britannico David Cameron. A renderlo noto, il Daily Telegraph e il Guardian, citando fonti diplomatiche.

La miccia che ha fatto divampare l’incendio è stato il coinvolgimento dei 10 Paesi fuori dall'euro, Regno Unito in testa, nei vertici europei dedicati alla crisi dei debiti sovrani. 
“Dite di detestare l'euro, non avete voluto aderirvi, e ora volete ingerire nelle nostre riunioni. Avete perso l’occasione di tacere”, ha aggiunto Monsieur le Président. 

Nella giornata di ieri, infatti, Cameron aveva, imperterrito, ripetuto quanto afferma da alcune settimane: “La crisi della zona euro colpisce tutte le nostre economie, incluse quella della Gran Bretagna.
È nostro interesse che i paesi dell’eurozona risolvano i loro problemi, ma diventa pericoloso, e ne ho parlato francamente con loro, se prendono decisioni cruciali per gli altri membri del mercato unico, quali decisioni sui servizi finanziari che riguardano tutto il mercato unico”.
Secondo il Telegraph, quindi, l’ulteriore timore di Cameron è che i vertici dei 17 dell'eurozona possano portare alla creazione di un direttorio franco-tedesco o di un blocco che possa danneggiare il mercato europeo.

Timori e rimproveri a parte, le grane per il primo ministro inglese non finiscono qui. 
All'interno del partito conservatore britannico, infatti, cresce sempre di più la voglia di forzare la mano a Cameron e indire un referendum, da tenersi entro il 2013, affinché i cittadini britannici possano pronunciarsi sulla permanenza nell’Ue. 
Mantenimento dello status quo, uscita dalla Ue, rinegoziazione delle modalità di appartenenza – che presuppone ovviamente una negoziazione al ribasso, per allentare i legami Westminster e Bruxelles – sarebbero le tre questioni della proposta, di cui è primo firmatario il deputato David Nuttall, e che verrà discussa proprio nella giornata di oggi, da sottoporre all’elettorato.

Il primo ministro è ovviamente per il ‘no’ ma la fronda è in aumento. E qui iniziano i problemi. Infatti, anche se il risultato del voto non sarà vincolante per l'esecutivo, Cameron rischia di ritrovarsi i suoi parlamentari in rivolta. Il senso d'emergenza è ben spiegato dalla calendarizzazione stessa del dibattito, che è stato anticipato di tre giorni perché il ministro degli Esteri William Hague vuole spiegare in prima persona la posizione del governo alla proposta.

Ben 76 membri della Camera, quasi tutti Tory, hanno già garantito il loro appoggio e sono pronti a sfidare le misure punitive annunciate dalla leadership del partito, che prevedono in particolare la rinuncia a ogni eventuale incarico governativo. 
Due nomi su tutti: il deputato Stewart Jackson, disposto a sacrificare il suo ruolo di segretario parlamentare di Owen Paterson, ministro agli affari nordirlandesi. E Mark Pritchard, che con toni retorici ha detto: “Ci sono momenti in cui al primo posto va la nazione, poi il partito, e ultima viene la carriera”.

Ciò che ha scritto Graham Brady, capo dei falchi Tory in materia di Ue, rispecchia esattamente quella volontà che Cameron vuole evitare: “L'Europa potrà anche non essere in cima alle priorità del momento ma sono pochi quelli che non desiderano avere voce in capitolo sulla questione.
Dal referendum del 1975 a oggi sono stati trasferiti a Bruxelles un fiume di poteri. Cameron ha detto che non sosterrà la mozione perché ora come ora vi sono temi più pressanti. Ma non è necessario che al dibattito partecipino membri del governo.
Quel che è importante è che ai deputati venga data la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione”. Infatti, un referendum sulla partecipazione del Regno Unito al progetto europeo è un argomento intoccabile, visto anche il mare di guai politici e finanziari in cui si dibatte l'eurozona.

Ma per i frondisti conservatori proeuro si tratta di un occasione da sfruttare, a maggior ragione adesso. Questo perché se i Comuni dovessero approvare la mozione, come ha affermato lo stesso David Nuttall, sarebbe difficile per qualsiasi governo ignorare la volontà espressa dai membri democraticamente eletti del Parlamento. 

Ma a bacchettare Cameron ci ha pensato anche il leader laburista Ed Miliband, che lo accusa di essersi trovato contro quegli stessi euroscettici che ha più volte “accontentato”.
Miliband, poi, rigetta l’idea di un referendum che provocherebbe ulteriore “incertezza economica” e preme sul premier affinché “mostri capacità di leadership”.
E come se non bastasse è giunta anche l’ammonizione del suo braccio destro Nick Clegg che batte sul tasto dell’intempestività di una discussione sull’abbandono della Ue e, soprattutto, non perde occasione di ricordare quello che prevede il patto di coalizione fra Tory e Lib-Dem: una partecipazione “positiva” all’Ue del governo britannico.

Insomma, i dolori del giovane Cameron rischiano di essere insopportabili in questo periodo e se fino a ieri era pronto era a salire in cattedra per dare lezioni all’Europa adesso è costretto a beccarsi scappellotti e rimproveri da tutti, suoi alleati compresi. 
Quel che risulta inaccettabile, però, è che con “hai perso una buona occasione per stare zitto” sia stato Sarkozy (e non è stato il suo unico bersaglio, basti pensare agli sghignazzi rivolti al nostro Paese e, in particolare al nostro presidente del Consiglio, da lui e dalla Cancelliera Merkel) a redarguirlo in maniera tanto sprezzante quando il premier britannico aveva semplicemente tentato di manifestare le sue perplessità sulla gestione franco-tedesca (e ne ha ben donde) della crisi.

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