martedì 6 settembre 2011

Le tre travi negli occhi della Cgil, che la Camusso non vuol vedere

Di Massimo Giardina

La Cgil scende in piazza per lo sciopero generale, critica la manovra ed esamina per bene tutte le pagliuzze che si trovano negli occhi della maggioranza, peccato che non veda le travi nei propri. E ce ne sono tre che Susanna Camusso dovrebbe esaminare: perché l'articolo 18, difeso a spada tratta dalla Cgil, non vale per i lavoratori del sindacato più importante d'Italia; perché la Cgil non paga l'Ici e perché può non presentare il bilancio d'esercizio
Dice il famoso detto evangelico: «Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?». Parole che tornano in mente leggendo i proclami della Cgil, che ha indetto lo sciopero generale del 6 settembre dopo le tempeste finanziarie nei mercati borsistici che hanno caratterizzato il mese d'agosto. Quali sarebbero le travi negli occhi della Cgil e di tutte le rappresentanze sindacali in generale?

ARTICOLO 18
La prima riguarda il discusso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, baluardo nella contestazione sindacale, diritto intoccabile per Susanna Camusso, bandiera innalzata per la difesa dei lavoratori. La bella notizia è che i dipendenti delle organizzazioni sindacali, compresi i cigiellini, non godono dell’articolo 18, cioè dell’obbligo di reintegrazione nel luogo di lavoro in caso di licenziamento immotivato. In poche parole, una delle principali ragioni dello sciopero generale è una regola che non vale per coloro che hanno un rapporto di lavoro con la Cgil. Dice la legge 108/90 che l’art 18 «non trova applicazione nei confronti dei datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto».

Esiste un’associazione composta da persone con un trascorso lavorativo in Cgil che nel loro blog (licenziatidallacgil.blogspot.com) denunciano la demagogia del sindacato di Susanna Camusso in questi termini: «Questo spazio vuole essere strumento di sintesi, di confronto e denuncia, nel rispetto di chi è vittima di licenziamento da parte della Cgil». Si possono trovare testimonianze di persone licenziate, lavoratori che hanno subito mobbing e anche dipendenti che hanno prestato servizio in nero presso le Camere del lavoro. Romina Licciardi, nella querela presentata alla Procura di Ragusa scrive: «Il rapporto di lavoro (in Cgil, ndr) in principio non è stato oggetto di ingaggio e successivamente è stato oggetto di inquadramento deteriore; alla sottoscritta infine non è stata corrisposta la busta paga del mese di aprile 2010 e non è stato neppure liquidato il tfr». Le testimonianze sono molte e tutte denunciano un sistema che è l’opposto dei principi per cui la Camusso e i suoi si battono pubblicamente.

ICI
La seconda trave nell’occhio è un altro regalo donato alle rappresentanze sindacali: la possibilità di non pagare l’Ici. Grazie ad una legge del 1992, varata dal governo Amato, i sindacati non sono soggetti al pagamento dell’imposta comunale sugli immobili. Le stime parlano di un patrimonio immobiliare della Cgil composto da oltre tremila strutture. In molti casi gli immobili non sono stati acquistati pienamente a titolo oneroso, perché molti complessi usati nel ventennio dagli organismi fascisti sono stati dirottati nel dopoguerra ai sindacati. Se si pensa alla polemica circolata qualche giorno fa sull’esenzione dal pagamento dell’Ici della Chiesa cattolica italiana, fa sorridere il fatto che non si siano menzionate le strutture di Cgil, Cisl e Uil. Infatti, mentre per gli immobili ecclesiastici vi è un trattamento particolare in forza del Concordato tra Stato e Chiesa, per le proprietà dei sindacati esiste solo qualche legge che ne tutela gli interessi. Non sarebbe utile, per i nostri conti pubblici, restringere il campo delle esenzioni e far pagare coloro che non hanno di certo le casseforti vuote?

BILANCIO D'ESERCIZIO
E veniamo al terzo punto: i benefici e l’esenzione dell’obbligo di presentazione del bilancio d’esercizio. Per le aggregazioni sindacali è difficile determinare il patrimonio secondo i criteri definiti dalla IV direttiva CEE, nonché la natura dei loro ricavi. Tutte le informazioni economiche, patrimoniali e finanziarie non possono essere conosciute se si tratta di realtà sindacali. Ciò che si sa è che il tesseramento non è una delle fonte maggiori di ricavo e anche in questo caso Camusso&Co devono ringraziare Prodi, Amato e Visco. Il vero business risiede nei Centri di Assistenza Fiscali, i cosiddetti Caf, che sono una vera fonte di ricavo per le rappresentanze sindacali: per ogni dichiarazione dei redditi inviata all’Inps è corrisposto un rimborso. In più, il governo D’Alema, attraverso un Decreto legislativo, ha concesso ai Caf l’esclusiva sulla verifica dei dati inseriti sui 730. Così facendo si obbliga il Ministero delle Finanze a concedere un rimborso per ogni 730 inviato dai Caf.

Vi sono state altre agevolazioni nate nel corso degli ultimi anni, come l’istituzione di fondi per la formazione continua gestiti da sindacati e associazioni degli imprenditori. Oppure, grazie alla legge 127 del 1997 i sindacati vengono svincolati dall’obbligo di autorizzazione nelle attività e nelle operazioni immobiliari. Susanna Camusso e sindacati tutti, perché guardate la pagliuzza che è nell'occhio del vostro fratello, e non vi accorgete della trave che è nel vostro occhio?

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