mercoledì 14 settembre 2011

La caccia grossa a Berlusconi e lo strano tifo per i cacciatori

 
di Giancarlo Loquenzi


Per quanto mi riguarda se assisto a una scena di caccia sto dalla parte della preda.
Non mi importa quanto siano eleganti e blasonati i cacciatori, quanto nobili i loro destrieri, quanto rapidi e ben addestrati i segugi.
Faccio il tifo per la povera bestia che deve salvare la pelle e non ho alcuna passione per la schiera dei fucilieri che deve solo decidere sull’impiego del trofeo: la testa impagliata nell’atrio del club o la pelliccia stesa davanti al caminetto.

Se poi i cacciatori barano, usano mitra invece che carabine, mettono bombe nelle tane e drogano i cani, allora non ho dubbi e spero solo che la preda se la svigni lasciando sul terreno qualche incidente di caccia.

Per questo non riesco a spiegarmi il tifo che tanta parte degli italiani, molti austeri giornali e tutti i partiti di opposizione fanno per i magistrati di Napoli impegnati nella caccia al Caimano.
Lo vedo nei commenti on-line, su facebook, sento le dichiarazioni in tivvu, leggo i retroscena e gli editoriali, tutti con la bava alla bocca perché anche questa volta il Cav. è riuscito a sfuggire ai suoi cacciatori e a trovare temporaneo rifugio in Europa.

Si consolano solo con la convinzione che l'Italia sia stata umiliata e offesa da quella visita, che il suo baratro d'infamia si sia fatto più profondo e irredimibile. Piccola retribuzione che ripaga della mancata carneficina.

Lo avrebbero invece tutti voluto inchiodato a quell’assurdo interrogatorio in cui il procuratore Lepore avrebbe dovuto convincere il premier di essere parte lesa e vittima di una estorsione.
Altro che Europa, altro che manovra, altro che rischio default per l’Italia: tutta l’attenzione della parte sana della nazione è concentrata solo su questo: riusciranno i pm a far cadere Silvio nella trappola?
A mettere nel cappello un ricattato e tirane fuori un corruttore?

E non importa se per costruire la trappola i magistrati abbiano infranto ogni regola, messo sotto controllo le telefonate del presidente del Consiglio, lasciato circolare intercettazioni che non sono state neppure depositate agli atti, arrestato a destra e a manca.
No, tutto le sdegno è per Berlusconi, per la preda che si permette di scegliere la fuga, che non si consegna volontariamente ai carnefici.

Si sono tutti fatti convincere da una fitta schiera di rumorosi battitori che avremo un paese migliore, che i cittadini saranno più sicuri, che tutti i guai di oggi saranno dimenticati, se solo sarà permesso alle toghe di dimostrare che sì Berlusconi sapeva e pagava per le sue notti d’amore.
E che per questo deve soccombere.

Sono tutti lì a fare il tifo perché alla fine la testa della politica sia appesa, impagliata e inerme, sui muri del club dei giudici, i quali potranno vantarsene negli anni a venire e brindare, lieti e faceti, al ricordo della loro grande avventura venatoria.
Monito imperituro e minaccioso per chiunque si metta ancora sulla loro strada.

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