mercoledì 7 settembre 2011

Camusso in piazza con Bersani: il doppio boomerang di Cgil e Pd

Accuse a Bonanni. Tensione davanti al Senato

 

La mattinata si preannunciava calda, almeno quanto il sole di questo inizio settembre, e così è stato. Nelle città italiane è andato in scena lo sciopero generale indetto dalla Cgil, con un preludio e uno strascico – come era inevitabile – all'insegna delle spaccature, sui più vari fronti. Procediamo con ordine. La prima sostanziale divisione si è registrata quando, nei giorni scorsi, le altre due grandi sigle sindacali nazionali – Cisl e Uil – avevano bocciato l'idea di scendere in piazza a fianco del sindacato guidato da Susanna Camusso.  

Da quel momento, tra la segretaria generale cigiellina e il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, sono risuonati non pochi colpi di clava. Il sindacalista abruzzese non ha esitato a definire “demenziale” la decisione di uno sciopero generale, una soluzione che “indebolisce ulteriormente il Paese”, una scelta equivalente a “dare il colpo di grazia a un'Italia già così malandata”. La replica della Camusso non è stata affatto tenera: ha definito il suo omologo un uomo “sull'orlo di una crisi di nervi”. Poi, intervenendo durante il comizio finale del corteo romano – nei pressi del Colosseo – ha rivolto ai sindacati guidati da Bonanni e Angeletti la domanda “quando allora si può scioperare?”. Risultato: fronte dei sindacati diviso – come ormai da tradizione – e Cgil alla testa di uno sciopero “in solitaria” (a parte le contemporanee manifestazioni della Usb, l'Unione sindacale di base). Anche all'interno della stessa Cisl, tuttavia, non sono mancati atteggiamenti in controtendenza con la linea generale del sindacato: la Fim – la federazione dei metalmeccanici – ha infatti indetto otto ore di stop.

Spaccature, dicevamo. Come quelle tra opposizione e maggioranza – ovviamente – ma soprattuttoo tra le varie forze di opposizione e, come se non bastasse, pure all'interno del Pd. Sì, perché alla domanda “aderiamo o non aderiamo?”, le anime del partito di Bersani hanno risposto con voci dissonanti. Il segretario, nella giornata di ieri, aveva annunciato la sua adesione alla mobilitazione della Cgil (“Certo che ci sarò”) e stamane ha sfilato per le strade di Milano.

Presente a Firenze, invece, Rosy Bindi, che ha specificato come il Pd, in qualità di formazione politica, può condividere ma non aderire formalmente a uno sciopero sindacale. Sempre nel capoluogo toscano, però, una rumorosa assenza è stata quella del sindaco “rottamatore” Matteo Renzi. Commento della Bindi: “Ci sono quelle persone che ritengono che non si debba ricorrere a strumenti di lotta radicali, estremi, anche se pacifici, come quello che la Cgil ha scelto. Si assumano le loro responsabilità”. Chissà se si riferiva anche a Beppe Fioroni, compagno di partito da tempo immemore: prima alla Dc, poi nel Partito popolare, quindi nella Margherita e infine nel Pd. Fioroni, così come Franco Marini e Sergio D'Antoni – entrambi ex segretari della Cisl – avevano espresso parole durissime in occasione dell'annuncio dello sciopero generale, lo scorso 25 agosto. “È uno sciopero assurdo, sbagliatissimo, controproducente, indetto da un solo sindacato e che divide i sindacati. Bisogna opporsi. Punto e basta”, aveva dichiarato quel giorno al Messaggero lo stesso Fioroni.


E il Terzo Polo? “La risposta adeguata alla crisi non è lo sciopero generale”, ha dichiarato ieri il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, intervenendo dalla Festa democratica di Pesaro. A dir poco più esplicito è stato il vicepresidente di Futuro e libertà, Italo Bocchino, presente alla Festa tricolore di Mirabello: “In un momento di grave crisi per l'Italia lo sciopero generale voluto oggi dalla Cgil è inutile e dannoso e dimostra che esistono ancora sacche di conservazione politica e sociale che non hanno a cuore gli interessi nazionali – ha dichiarato Bocchino – ma che per la ricerca di un piccolo e presunto consenso non esitano a danneggiare il Paese”.

C'è chi considera un danno per il Paese lo sciopero, quindi, chi la manovra e chi (in buona parte il Terzo Polo) entrambe. E sui dati? Anche qui spaccature. Da una parte, la Cgil dichiara soddisfatta che l'adesione media nazionale allo sciopero è stata del 58%; dall'altra, il Dipartimento della Funzione pubblica rende noti i dati pervenuti alle 14, secondo cui – sulla base del 20% del campione – i lavoratori del pubblico impiego ad aver scioperato sono stati il 3,6%. Allo stesso tempo, la Fiat ha reso noto che l'adesione complessiva nei suoi stabilimenti è stata del 15% (tra operai e impiegati), dato che sale al 25% se si prendono in considerazione i soli operai.

Intanto, in una giornata in cui sono piovute polemiche da tutte le parti, non sono mancati attimi di tensione, come al presidio davanti al Senato con lancio di uova, fumogeni e petardi. Nel mirino dei manifestanti anche la sede del dipartimento della Funzione Pubblica. A Torino e Napoli uova contro le sedi locali della Banca d'Italia, mentre a Milano bersaglio è stata la sede di Unicredit. Nel capoluogo campano, inoltre, si è verificato un lancio di bombe carta contro le forze dell'ordine: otto agenti sono stati portati in ospedale e un manifestante è stato arrestato.

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