domenica 18 dicembre 2011

Se lo spread ballerino smentisce gli anti Cav


Nonostante la cura di SuperMario l'assedio ai titoli di Stato continua. 
E' la prova che la responsabilità non era dell'ex premier, vittima di attacchi faziosi e farlocchi
             
  - di Giuliano Ferrara - 
 
Non so voi, ma io sono ancora sotto botta. Voglio dire che tutta la faccenda politica di questi anni è finita parecchio male, e non ho voglia di dimenticarlo così facilmente. 

Non mi basta prendermela con i tecnici e con i loro conflitti di interesse, con le loro paurose debolezze, con la loro impostazione strategica subalterna ai castighi dello Stato fiscale alla Merkel, con i risultati piccini della loro idea di stabilizzazione dei mercati e del debito, con la recessione coadiuvata e incentivata anche dalle loro scelte.
Non mi basta godere per lo smarrimento politico e psicologico in cui la sinistra demagogica, incapace di progetti alternativi di governo, è stata gettata dalla mossa del governo Monti. 
Voi direte: come, non ti basta?, e che altro vuoi dalla vita? 
Ma goditela, no?

Forse sono un incontentabile, un cacadubbi, un depresso. 

Riconosco che Berlusconi, se da un lato ci ha rovinati tutti accettando una soluzione di compromesso che probabilmente non reggerà, ma che intanto ci nega l’autogoverno, il diritto di scegliere chi comanda, una politica d’attacco contro la crisi internazionale, dall’altro ha messo l’Italia che si è riconosciuta nella sua parabola in una specie di tregua precaria ma in un certo senso utile, è entrato in una riserva tattica capace ogni giorno di dimostrare per negazione che l’assalto da lui subito era farlocco e fazioso. 

Perché non era sua esclusiva responsabilità l’assedio finanziario al debito, basti guardare dov’è che fa oggi la sua danza Lady Spread;non era l’unico titolare di un conflitto di interessi, né del più consistente e politicamente opaco; non basta essere cupi, paludati, compostamente ironici per recuperare una vera autorevolezza; eccetera.

Penso che i fatti dell’immediato futuro, con conseguenze gravi per questo Paese, dimostreranno anche di più: le buone intenzioni, l’aplomb, la sobrietà e la serietà istituzionale al governo non sono garanzia di alcunché, non producono necessariamente spirali virtuose, e quel che serve a una democrazia, anche e soprattutto in una fase di traumatici cambiamenti e di notevoli pericoli, è una maggioranza popolare che esprime un governo in grado di decidere per tutti sotto il controllo di un’opposizione che si prepara a sostituirlo.

Ma è proprio qui che la faccenda si fa scabrosa.

Quando sarà stato dimostrato che la sospensione tecnocratica della democrazia non è la soluzione del problema che abbiamo, in Italia e nel mondo e in Europa, la gente non griderà a squarciagola: aridatece er puzzone! , perché le società moderne sono più complicate della caricatura vernacolare della fine di regime che l’Italia ha vissuto nel secolo scorso.

L’unico modo serio di impiegare il tempo politico a disposizione, che è poco ed è esposto ai venti gelidi della recessione europea, intuiamo quale sia, ma non vogliamo dircelo.

Destra e sinistra devono produrre un nuovo manifesto di identità, mentre tengono incollata la pecetta istituzionale del governo Monti,non un’agitazione psicomotoria di tipo vagamente preelettorale. 

Voto la fiducia, e intanto porto la sfiducia dalla mia parte: una carambola molto acrobatica e poco responsabile. 
No. 

Ci vuole un cambiamento serio, e lo si deve realizzare con un’aperta battaglia politica e sociale. 
La sinistra deve dire agli italiani come farà ad emanciparsi dal tatticismo che si è mangiato la «vocazione maggioritaria » del Pd, riconsegnando la sua prospettiva di governo a una specie di nuova Unione o di nuovo Ulivo che riprodurrebbero la vecchia impotenza ben conosciuta dagli italiani; e la destra deve mettersi in un assetto di verità politica, spiegare che cosa è andato storto, e come si fa a raddrizzare una prospettiva che aveva garantito meno tasse, più sviluppo, più libertà economiche e civili, e riforme e rotture come non se ne erano mai viste nella Repubblica dei vecchi partiti.

Non si tratta di fascicoli  polverosi in cui siano scritte nuove parole programmatiche, si tratta di dare un segnale: guardate che quando Monti dovrà essere sostituito da un governo eletto, meglio prima che poi, noi abbiamo qualcosa di nuovo da dire, un’idea nuova del potere repubblicano e di come affidabilmente gestirlo, con nuove regole anche costituzionali.

È troppo chiederlo?

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