venerdì 9 dicembre 2011

Come volevasi dimostrare


          di Bartolomeo Di Monaco   
  
L’inasprimento delle tasse voluto dal geniale governo Monti, pluridecorato frettolosamente e pagato a piè di lista dagli italiani e non certo da Napolitano, che invece di tutelare i suoi concittadini, li ha consegnati nelle mani di professori avulsi dalla realtà, giacché appartenenti ad un mondo che di sacrifici ne ha fatti come ne fa un maharaja pagato a peso d’oro, questo inasprimento sta già convolando verso le tasche degli speculatori.

Che Monti, del mercato internazionale non se ne intenda poi così tanto, e anche lui si prenda le sue belle cantonate, lo ha dimostrato il suo discorso recente fatto alle Camere, in cui ci fece sapere tutto soddisfatto che la sua manovra, illustrata il giorno prima alla stampa italiana e poi nella mattinata successiva alla stampa estera, aveva già avuto l’apprezzamento dei mercati, essendo sceso lo spread a 360 punti.

Da ieri, e anche stamani, lo spread è salito già a 440 euro, e ciò significa che quelle tasse già entrate in vigore hanno preso ipso facto la via dell’ingrasso alla speculazione, la quale si è sfregata e si sfrega le mani nel constatare che ci sono governi così sprovveduti che chiamano i cittadini ad offrirsi direttamente come vittime sacrificali.
Nemmeno un centesimo di quelli che stanno entrando nelle casse dello Stato vi rimarrà per prendere la strada della crescita.

La crescita non ci sarà. Il secondo tempo destinato alla crescita dal governo Monti, in sintonia con la peggiore tradizione italica del rinvio delle decisioni più importanti, resterà sepolto dall’uragano che si prepara a scoppiare sull’Europa.
Monti avrebbe dovuto agire sulla crescita, subito, prima di mettere le mani nelle tasche degli italiani.
Era questa la scelta giusta, che tutti ci aspettavamo.
Dopo, si poteva pensare ad una eventuale tassazione di copertura per il fabbisogno ancora da soddisfare.
Invece si è agito alla rovescia, ed ora piomberemo in tempi assai cupi, dove non è più il destino dell’Italia a contare, bensì quello dell’Europa.

Le indecisioni europee saranno l’imput di cui si gioverà la speculazione per le sue scorribande verso i Paesi membri più esposti al rischio di pagare le conseguenze più care, tra cui l’Italia, la cui debolezza risiede unicamente nell’enorme voragine del debito pubblico.
Monti doveva in primis agire su questo versante, procedendo alla dismissione consistente del patrimonio immobiliare inutilizzato, sottraendo con ciò porzioni consistenti di debito alla voracità della speculazione.

Provate ad immaginare un debito pubblico ridotto da quasi 2 mila miliardi di euro a circa 1.200 miliardi.
Avremmo avuto molte più possibilità di delineare un programma di riduzione della spesa pubblica e di riforme per la crescita senza essere costretti a rincorrere l’ingordigia speculativa.
La quale ci toglie il fiato. E non solo: ci confonde la mente, come l’ha confusa ai professoroni di questo governo.

Anche il governo Berlusconi avrebbe dovuto preparare la strada per la riduzione del debito pubblico mediante le dismissioni del patrimonio inutilizzato, e anche ad esso perciò devono essere attribuite forti responsabilità.
Ma al governo Monti deve essere aggiunta la miopia di non aver saputo capire che era su questa strada che ci si doveva incamminare.

Napolitano ha molte responsabilità e non potrà più e mai chiamarsi fuori dal disastro in cui ci sta precipitando.
In più ha gravato lo Stato del generoso laticlavio (25 mila euro al mese) concesso con sprezzo di ogni ragionevolezza alla persona del professor Monti, i cui attributi per meritarselo sono tutti da dimostrare.

Se il Pdl e Berlusconi non hanno ancora portato il cervello sulla luna, si affrettino a correggere la manovra togliendo tutte le tasse inutili che vi sono contemplate e volgendola rapidamente verso decisioni intensamente rivolte allo sviluppo, tra cui le tante liberalizzazioni rimaste nelle intenzioni, la vendita del patrimonio immobiliare, la riduzione dei costi della politica, compresa la riduzione del numero dei parlamentari e la trasformazione del bicameralismo. Solo per citarne alcune.

Lo spread non si alzerà certamente a causa di questa inversione di rotta. Allo spread interessa l’Europa. Se essa rifiuterà di schierarsi a difesa della moneta unica, questa sarà aggredita laddove si mostrerà più debole, quindi anche nei confronti dell’Italia.
Se invece l’Europa deciderà di schierarsi a difesa dell’euro, la speculazione si ritirerà in buon ordine, non essendo adusa a rimetterci la pelle, e non le interesserà più se l’Italia sceglie la strada delle tasse o quella, ben più qualificante, della crescita.

Con l’Europa determinata a difendere la propria moneta, tutti i Paesi dell’area dell’euro diventeranno un enorme braciere per la speculazione, su cui quest'ultima potrebbe scottarsi le mani.

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