lunedì 12 dicembre 2011

Caro Bersani, leggi che cosa pensavano Marx e Togliatti dei governi tecnici


di Paola Guzzanti

Sorpresa: Karl Marx, il creatore del comunismo scientifico, aveva una opinione brutale dei “governi tecnici”: “Il mondo sarà certamente non poco stupito quando avrà appreso che la nuova era nella storia sta per essere inaugurata nientemeno che da logori e decrepiti ottuagenari, burocrati che hanno partecipato a quasi ogni governo dalla fine del secolo scorso, membri del gabinetto, doppiamente morti, per età e usura, e richiamati in vita solo artificialmente”.

Marx scriveva da giornalista: viveva a Londra, dove è sepolto, e mandò articoli in America al “New York Daily Tribune” per un decennio, dall’agosto 1852 al febbraio del 1861, anno dell’unità d’Italia. 

Marx era uno scrittore sarcastico e sferzante, in continuo attrito con Giuseppe Mazzini, anche lui in esilio a Londra, che per i suoi toni profetici e messianici aveva ribattezzato “Teopompo”. 
Nel gennaio 1853 mandò a New York un’analisi al vetriolo della situazione politica inglese, sotto il titolo “A Superannuated Administration – prospects of the Coalition Ministry” (“Un governo decrepito. Prospettive del ministero di coalizione”.

Che cosa c’entra con il “governo tecnico”? 

E’ semplice: l’Inghilterra attraversò un periodo di burrasche politiche e istituzionali che si conclusero con il varo di un governo tecnico. Anzi, come si diceva allora, un governo di tutti gli omini di talento. 
Si trattava del gabinetto Aberdeen che governò per due anni, composto da personalità formalmente non legate ad alcun partito, ma in grado di affrontare la grave crisi economica facendo appello al patriottismo e allo spirito bipartisan. 
Il “Times” di Londra dette l’annuncio del lieto evento in termini trionfali: “Nel millennio politico, in un’epoca in cui lo spirito di partito è destinato a sparire e in cui soltanto genio, esperienza, industriosità e patriottismo daranno diritto ai pubblici uffici” occorre un governo degli “uomini di ogni tendenza” in modo da garantirsi un appoggio “universale”.

Marx si scandalizzò: “Insomma ci viene promessa la scomparsa totale delle lotte tra partiti, anzi la scomparsa dei partiti stessi. 

E’ questo che vuole il ‘Times’?” 
Il suo articolo ebbe in America una vasta eco: gli americani erano allora ancora turbati dagli antichi rancori con la madrepatria coloniale vedevano nel governo di Londra segni di deterioramento in senso reazionario e colonialista. 
Marx annunciava al pubblico newyorchese di tendenza radicale, l’ultima trovata consistente in un tentativo di abrogare le differenze politiche per affrontare “tutti insieme” la temperie economica, all’insegna della supremazia delle esigenze dell’economia destinate a prevalere su quelle della politica.

Un giudizio che ritroviamo tale e quale, ma in termini ancora più tranchant, nelle parole di Palmiro Togliatti, leader storico del Patito comunista italiano: “I governi cosiddetti “tecnici” sono i peggiori governi politici che si possano immaginare. Il loro scopo è quello di fare il contrario di ciò che la sovranità popolare ha indicato, sono antipopolari e reazionari”.

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