sabato 17 dicembre 2011

Nella caccia al superlatitante manette al sindaco (PD) dei bonifici

Sicilia. Faceva proclami anti-mafia e gli interessi della mafia.  
La storia del sindaco trapanese Caravà, organico al clan del super ricercato Messina Denaro.

di Salvo Fallica

Il sindaco che voleva aprire un casinò è finito in un casino di guai, il primo cittadino “antimafia” di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, è stato infatti arrestato per associazione mafiosa. 
Ci vorrebbe la penna di Leonardo Sciascia per delineare il paradosso di quest’uomo.
Un politico, Caravà, che lancia proclami antimafiosi e finisce in manette in una operazione che ha decapitato la famiglia mafiosa del paese del Trapanese, ritenuto una roccaforte del superlatitante di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro.
Per undici persone si sono aperte le porte del carcere. 


Per capire meglio quello che è avvenuto, bisogna avere in mente che l’area del Trapanese è una di quelle a più alta densità mafiosa dell’isola e d’Italia. Non è un caso che siano pochissime le denunce antipizzo in questa provincia. 
Dalle indagini coordinate della Dda di Palermo, avviate nel 2006, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive del mandamento di Castelvetrano, avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con il boss dei boss e «attraverso un pervasivo controllo del territorio», sarebbe riuscita a «infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell’area». 
Il sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, viene considerato dagli inquirenti come «l’espressione politica della locale consorteria mafiosa». 
Ma chi è Caravà? 

La prima caratteristica che balza in maniera evidente dal suo curriculum politico è quella dei trasformismi. Da ex Pci a Forza Italia, poi ha militato in Democrazia Europea, e in seguito si è avvicinato al Pd. Altro elemento già accennato è il suo protagonismo nella lotta antimafia. 
La cosa curiosa che emerge dalle intercettazioni è che mafiosi vicini al boss Messina Denaro esprimevano giudizi positivi sul sindaco di Campobello, e uno si vantava di avergli portato molti voti.

Caravà ha 52 anni, è un ragioniere, guidando una coalizione di centrosinistra nel 2011 ha vinto per la seconda volta la sua corsa alla poltrona di primo cittadino. 

La sua ascesa è partita agli inizi del 2000, è stato consigliere comunale dal 2001 al 2006. 
Nel 2006 venne eletto sindaco in quota Democrazia europea. 
Al ballottaggio prevalse sul sindaco uscente Daniele Mangiaracina, candidato del centrodestra. 
La battaglia si è riproposta anche alle ultime amministrative del giugno scorso, quando Caravà rivinse ottenendo 3.817 voti, ovvero il 54,56% delle preferenze. 

Nel 2008, mentre Caravà era in carica, il Comune di Campobello di Mazara fu oggetto di una ispezione disposta dal ministero dell’Interno per verificare eventuali infiltrazioni mafiose, che non ebbe alcun seguito. 
In passato Caravà è stato condannato per furto di energia, vicenda che lui ha derubricato a un peccato di gioventù. 
Oltre alla battaglia per l’apertura di un casinò, Caravà era balzato agli onori delle cronache perché - ricorda Legambiente - durante l’ultima campagna elettorale annunciò di voler «sanare ben 800 case abusive negli otto chilometri di costa di Campobello», grazie ad una legge regionale di 40 anni prima.

La mafia di Campobello di Mazara, secondo i pm, aveva fatto convergere il sostegno elettorale su Ciro Caravà che, una volta sindaco, avrebbe ricambiato il favore garantendo commesse pubbliche al gruppo mafioso e assistenza ai familiari ai detenuti. Caravà avrebbe anche finanziato le spese per i colloqui dei parenti di boss detenuti al Nord. 

In buona sostanza avrebbe pagato i biglietti aerei per le trasferte, emessi dall’agenzia di viaggi del cognato.

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