giovedì 15 dicembre 2011

Penati inguaiato dal computer Pm: a lui 1,4 milioni

E INGUAIA ANCHE LA STORICA TESORIERA DEL PD IDA NORA RADICE

 Laura Marinaro e Andrea Scaglia 

Ancora sorprese nell'inchiesta monzese su Filippo Penati. 

Ancora nomi di collaboratori e imprenditori dopo le perquisizioni di due giorni fa, generate dal file di excel sequestrato a luglio all'architetto Renato Sarno, considerato "collettore delle tangenti per Filippo Penati". 
Tra i nomi elencati nella colonna di sinistra del cosiddetto file "black", a cui si associano cifre a destra, spunta anche quello di Pier Franco Pirovano, geometra di Parabiago, titolare della Chiara Edificatrice.
A lui i finanzieri hanno sequestrato in casa 8mila euro in contanti che lui avrebbe pagato «per un accordo di programma ancora in via di individuazione», ricevendo forse una contropartita, ed è lui che «risulta aver finanziato Penati tramite sponsorizzazioni o versamenti ai comitati elettorali».

Niente di eccezionale, si dirà, ma insieme a tutti gli altri pezzi da novanta legati a Penati (Franco Maggi, portavoce, Claudia Cugola, segretaria storica, Massimo Di Marco e Gianlorenzo De Vincenzi di Milano Serravalle, Matteo Cabassi, Guido Roberto Vitale, commercialista, Paolo Colombo presidente dell'Eni e altri imprenditori) quel nome non fa che contribuire a ricostruire il teorema accusatorio di Walter Mapelli per cui Sarno fu collettore delle tangenti che andavano a Penati per le sue spese elettorali e di partito.

Nella lista compare per cinque volte, anche se non risulterebbe indagata, la tesoriera storica dei Ds prima e del Pd poi. Si tratta di Ida Nora Radice, vedova di Sergio Valmaggi, ex esponente di punta del Pci lombardo negli anni '70, nonché padre di quella Sara Valmaggi che da Sesto è emigrata in Regione a prendere proprio il posto di Penati dopo lo scandalo tangenti.

La cifra complessiva di un milione 398mila euro contenuta nel "file Sarno", comunque, potrebbe essere solo una parte della maxitangente generata dall'affaire Serravalle.

Quella insomma relativa alla parte della gestione.

C'è poi la parte della compravendita del 15% delle azioni della Serravalle da Gavio alla Provincia che generò la famosa plusvalenza di oltre 175 milioni di euro per l'ente. 

E allora indagato sempre per concorso in corruzione è Matteo Rocco, ora collaboratore di Gavio e ai tempi della presunta maxi tangente Serravalle direttore della San Paolo Suisse Bank. L'ipotesi dei pm è che «in tale ruolo abbia gestito la movimentazione "riservata" all'estero dei fondi profitto della vendita di azioni della Milano Serravalle».

Alla fin dei conti - come confermato dagli stessi inquirenti - le novità emerse dal file Sarno e quelle che stanno pian piano emergendo dalle carte dell'affaire Serravalle, sono una conferma alle dichiarazioni di Piero Di Caterina, primo e grande accusatore di Filippo Penati. 

Lui stesso, all'indomani delle rivelazioni su Sarno ci ha detto: «Io non sono mai stato collettore di tangenti per Penati e il partito; so solo che un giorno Penati mi disse che di quelle faccende (la Serravalle, le campagne elettoriali, ndr) se ne sarebbe occupato Sarno e la dimostrazione è in quel file: ormai da quando è arrivata la rete anche le tangenti e i sistemi di passaggi di soldi neri sono cambiati».

Senza dimenticare che sullo stesso Di Caterina a Milano pesa un'indagine per calunnia, ancora non conclusa e tutta da dimostrare. Sullo sfondo, comunque, del cosiddetto Sistema Sesto, poi emigrato anche altrove, resta sempre la società Milano Serravalle utilizzata da Filippo Penati come una sorta di bancomat, per distribuire consulenze agli amici ed eventualmente averne sottobanco denari di ritorno, insomma comportandosi come un "amministratore di fatto" di una società privata, dimenticando che per acquistarla con soldi pubblici fu fatto un debito non onorato con Banca Intesa da alcuni milioni di euro. 

Ma questa è un'altra storia.

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