lunedì 5 dicembre 2011

La furbizia non vi basterà


di Arturo Diaconale

Dare alla Cgil ed agli altri sindacati la patrimoniale in cambio della riforma delle pensioni e dare al Pdl la riforma delle pensioni in cambio della patrimoniale. Il tutto in un colpo solo, senza estenuanti trattative preventive ed all'insegna del massimo allarme per un disastro da scongiurare immediatamente con gli interventi dolorosi ma bilanciati di cui sopra. 
E' fin troppo chiara la tattica usata dal governo Monti per far passare l'ennesima manovra tesa a ridare credibilità al paese ed uscire dalla crisi. 
Si tratta di una tattica da manuale, che punta ad ottenere il massimo risultato possibile giocando sulla massima drammatizzazione dell'emergenza per costringere i partiti e le forze sociali ad accettare la terapia delle lacrime e del sangue all'insegna del principio del "mal comune, mezzo gaudio".

La scelta del governo non è furba ma obbligata. 

Per far digerire quella che una volta sarebbe stata definita come una nuova "stangata" non può fare altro che cercare di scontentare tutti a metà. Ognuno potrà giustificare i propri sacrifici con quelli imposti agli altri (pensioni contro patrimoniale e viceversa).
E Monti riuscirà a condurre in porta la fase iniziale della propria navigazione governativa. 

La previsione è scontata. 
Perché è assolutamente impensabile che il Pd, sia pure pressato dalla Cgil, o il Pdl, sia pure incalzato dal proprio elettorato, possano mandare all'aria il governo prima ancora che incominci ad operare. Ma, dato per certo che Monti riesca a realizzare la manovra aggiuntiva da 20 miliardi ed a scavallare la fine dell'anno, qualche interrogativo su quanto potrà succedere nel 2012 bisognerà pur porselo. Perché l'operazione "mal comune, mezzo gaudio" può funzionare una volta sola.

E poi? 

L'interrogativo solleva due questioni precise. 
La prima è se la manovra aggiuntiva di fine d'anno possa essere considerata risolutiva della crisi. 
La seconda è se il governo tecnico, passata la prima fase dell'emergenza, sia in grado di continuare a portare avanti la lotta per il risanamento economico e morale del paese. 
Entrambe le questioni impongono risposte precise. 
Nessuna persona seria o provvista di un minimo di onestà intellettuale può pensare che basti la manovra aggiuntiva per risolvere i problemi strutturali del nostro paese. 
A gennaio, e sempre che la testardaggine della Merkel e le frenesie di Sarkozy non provochino il collasso definitivo dell'euro portando l'Europa dall'orlo al fondo dell'abisso, ci troveremo di nuovo di fronte alla necessità di affrontare il nodo della grande riforma dello stato burocratico-assistenziale.

Ed è fin troppo facile stabilire fin da ora che il governo tecnico non solo non è legittimato ma, soprattutto, non è minimamente in grado di diventare l'artefice del rinnovamento radicale ed effettivo delle strutture istituzionali ed economiche del paese. 

Della mancata legittimazione popolare del governo tecnico è inutile parlare. 
Adesso c'è qualche bello spirito che tenta di lanciare l'ardita tesi secondo cui la legittimazione a Monti venga dalla eccezionalità dell'intervento nella vita pubblica nazionale del Presidente della Repubblica. 
Ma questa è una tesi di stampo golpista. 
E non va minimamente presa in considerazione.

La delegittimazione del governo dei non eletti è un dato inequivocabile. 

Ma a questo dato va aggiunta la circostanza della particolare natura della formazione del governo. 
Che non è un governo tecnico contrapposto a quelli politici ma è il governo rappresentativo della parte peggiore e più nascosta della politica, quella delle caste burocratiche e lobbistiche che sono nate e sono cresciute all'ombra e con la copertura dei partiti e che sono l'espressione più evidente di quello stato burocratico-assistenziale che dovrebbe essere smantellato o, almeno, riformato. Possono gli uomini dei doppi, tripli, quadrupli incarichi lautamente retribuiti nei diversi gangli dello stato segare l'albero su cui sono comodamente seduti?

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