lunedì 5 dicembre 2011

Blindature e decisionismo


di Enrico Strina

Alzi la mano chi sa già riconoscere le facce del nuovo governo Monti. 
Noi no. 
Ed è una scelta ponderata, mirata. Ci riferivamo, pochi giorni fa, al fatto che dal governo provenisse il silenzio più assoluto sulla mazzata in arrivo oggi. Ben più grave però è la scarsa considerazione data alle parti sociali ed ai partiti. "Ci si vede domenica mattina, dalle 9 in poi". Rappresentanti di associazioni, sindacati, lavoratori, non lavoratori, tric-trac e palloni di Maradona in meno di quattro ore.

Alla faccia della concertazione. 
I partiti? 
I partiti stanno in Parlamento, il governo ha una maggioranza che una volta avremmo definito bulgara. 
Da oggi la chiameremo montista. 
E' il governo delle decisioni, ce lo diciamo, ce lo dicono, glielo diciamo da quasi tre settimane.
E' meglio decidere che concertare, scriveva Dario Di Vico sul Corriere qualche giorno fa: Monti e i suoi hanno "un solo colpo in canna", ci avvertiva l'editorialista del quotidiano di Via Solferino. 
Marcello Sorgi il 2 dicembre dalle colonne de La Stampa invece aveva già capito le conclusioni, cui purtroppo arriveremo: "Sulla Manovra tante proteste, ma diranno di sì. 

Se Monti, com'è sicuro, andrà avanti lo stesso, lo farà sulla base di un ragionamento: partiti e sindacati mettono le mani avanti, ma sanno benissimo che l'Italia non ha scelta. 
Chi dice no oggi lo fa per salvare la faccia davanti ai propri elettori e iscritti […]. 
Insomma parlano, parlano: ma sapendo che al momento opportuno non potranno tirarsi indietro". 
Saggio in modo quasi scontato, Sorgi. 
Purtroppo.

Purtroppo perché è vero che ci si deve sbrigare (alla faccia dei circa dieci giorni di stallo per scegliere viceministri e sottosegretari, con molti per altro invischiati in conflitti d'interesse di scuola berlusconiana), ma è anche vero che decidere tali provvedimenti senza coinvolgere i partiti, i sindacati e le parti sociali ci sembra la nuova frontiera dell'anti-democrazia. In pratica il governo decide e "comunica", non "elabora" la manovra, la quarta del 2011. 

Blindature e decisionismi che ricordano i migliori governi sovietici degli anni '50-'60, dove forse lo scontro interno al Pcus era maggiore che tra i fedelissimi ministri di Super Mario - lì ci si ammazzava tra rivali, la storia di Trotzky la conoscete e c'è anche chi ancora non mette la mano sul fuoco sulla morte di Stalin.

Il buco comunicativo dei Monti boys (e del premier in primis) non è però soltanto nei confronti dei partiti, dei sindacati e delle associazioni di categoria. 

E' anche verso i cittadini: si sa che il governo ha pronte delle riforme dure come il torrone bianco, ma ci si sarebbe onestamente aspettati un po' di dialogo in più dopo il governo Berlusconi. 
Silvio viveva in un mondo tutto suo, fatto di barzellette, favori, conflitti d'interesse, industrie e minorenni nordafricane, i nuovi membri del governo vivono tipo eremiti sui Monti, manco fosse il momento di vedersi le repliche di Heidi. 

Siamo con Cisnetto, che su "Il Foglio" del 2 dicembre ha scritto una lettera al premier: bisogna "parlare al paese […]. 
Lei sa benissimo che il motivo per cui la politica ha eluso le grandi scelte è stata la paura di perdere consensi. 
Per anni si è taciuta la verità agli italiani, e ora qualsiasi decisione presuppone un dialogo con il paese che va ricostruito da zero. 
Non averlo fatto finora è stato un errore, ma ancor più grave sarebbe non far precedere la manovra da un discorso alla nazione". 
Altro che andare da Vespa.

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