mercoledì 24 agosto 2011

PARADOSSI

 Se l'antipolitica fa autogol
 
 
 
 
La partitocrazia vive di anti-politica. E così, a seguire i ragionamenti astrusi dell’anti-politica, si finisce con il precipitare verso una ulteriore e fanatica restrizione della già misera democrazia italiana. Insomma, a quanto pare, invece di ridurre i privilegi e conquistare spazi per una democrazia liberale, Walter Veltroni e altri esponenti del Pd preferiscono ridurre il numero dei privilegiati.

In tal modo, si avrà una Casta di pochi eletti, un club assai ristretto di privilegiati e di partitocrati. Sarebbe una partitocrazia ancora più oligarchica, ancora più verticistica, ancora più privilegiata. In altre parole, dimezzare il numero dei parlamentari senza spiegare prima qual è il sistema democratico e istituzionale che si ha in mente, significa favorire la partitocrazia.

Infatti, con l’attuale sistema di voto, denominato “porcellum”, ci troviamo in un vero e proprio sistema proporzionale in cui si votano i partiti e non i candidati, in cui si eleggono i rappresentanti in proporzione alla percentuale dei consensi delle singole liste e non dei voti ottenuti dai singoli candidati.

Anche perché la legge elettorale in vigore si caratterizza per avere dei nominativi decisi dall’alto e poi inseriti in un sistema formato da liste bloccate. E’ l’esaltazione verticistica delle segreterie di partito. Immaginate, quindi, cosa accadrebbe, con questa legge elettorale, se si realizzasse la riduzione drastica dei parlamentari! Sarebbe il rafforzamento del regime partitocratico.

Una catastrofe per la democrazia. Ci ritroveremo un Parlamento di pochi nominati dalle segreterie di partito. I Radicali di Marco Pannella continuano a rilanciare la proposta di una Riforma elettorale in senso uninominale e maggioritario, senza quote più o meno ampie di proporzionale. In tal caso, ne scaturirebbe il binomio “persona e territorio”.

Perché i territori o i collegi devono essere rappresentati da persone, non da vertici di partito, non da macchine clientelari, non da sistemi in cui pochi “gerarchi” decidono candidature, eletti e nominati. Ma il Pd, a quanto pare, preferisce cavalcare l’anti-politica, che poi è una forma di anti-democrazia, invece di incalzare maggioranza e governo sul terreno di una prospettiva riformatrice.

Fosse pure quella del maggioritario uninominale a doppio turno, come nel sistema francese. Ridurre il numero dei parlamentari, perciò, viste le premesse, significa fare posto ad una accentuata cecità partitocratica. Allora, sì che avremo una Casta. Non a caso, il liberale Giuseppe Maranini, nell’articolo “Speranze deluse”, pubblicato su La Nazione il 23 febbraio 1955, scriveva: “Solo quando gli elettori del ristretto collegio uninominale potranno di nuovo votare per la persona che stimano e nella quale sperano, solo allora di nuovo sorgerà tra eletti ed elettori un legame reciproco”.

Se si suddivide il nostro territorio nazionale in tanti piccoli collegi elettorali, infatti, composti da centomila cittadini ciascuno e, perciò, corrispondenti più o meno a settantamila elettori, si scopre facilmente che essi coincidono, pressoché in modo quasi esatto, con il numero degli attuali seggi previsti per la Camera dei Deputati.

Perché il principio è quello della rappresentanza territoriale e delle realtà locali, cioè del legame tra i candidati e i cittadini, tra i politici e la flora o la fauna o le acque o le pietre di uno specifico e ristretto habitat. Lo stesso Maranini, sessanta anni fa, proprio su questo punto, ribadiva: “Una democrazia che non riesce a stabilire un contatto effettivo tra eletti ed elettori e che non riesce a trovare qualche modo efficace (anche se imperfetto) di selezione del personale politico, perde con certezza la sua battaglia”.

Nell’articolo “Cambiali in bianco”, apparso sul quotidiano La Nazione il 22 gennaio 1954, Maranini precisava: “La rappresentanza proporzionale, almeno in quel regime nel quale il governo è condizionato dal voto di fiducia del parlamento, non è solo un sistema elettorale peggiore di un altro; è la negazione completa dei principi che stanno a fondamento di ogni democrazia liberale”.

Sembra un concetto espresso in questi giorni e, invece, sono passati decenni.
Eppure, siamo ancora in quella situazione da Regime partitocratico. E così ammoniva: “Nell’illusione di un’astratta giustizia aritmetica, il proporzionalismo impedisce la formazione della volontà collegiale, della volontà democratica della maggioranza; impedisce anzi la formazione di qualunque volontà dello Stato, disintegra il potere politico e lo Stato stesso.
E dopo aver disintegrato lo Stato a favore dei partiti, disintegra i partiti a favore delle frazioni”. E’ quel che sta accadendo nelle ultime settimane. E’ quel che accadrebbe se si dimezzassero i parlamentari togliendo così ogni prospettiva alla Riforma anglosassone o americana della nostro sistema istituzionale.

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