martedì 30 agosto 2011

Berlusconi si riprende la scena


LA "CORREZIONE"
 
 
 
                                                               di Francesco Blasilli
 
 
Alla fine è stata trovata la miglior quadra possibile.
Anche perchè Pdl e Lega partivano da posizioni in alcuni casi inconciliabili.
Ma se si vuole cercare per forza un vincitore, questi altro non è che Silvio Berlusconi.
Che non alza le tasse, rispedendo al mittente la tassa di solidarietà e l'aumento di un punto percentuale dell'Iva.


E che taglia con la scure "la casta": dimezzamento del numero dei parlamentari e abolizione delle Province. La Lega deve incassare una piccola modifica sulle "intoccabili" pensioni e lo "smacco" delle Province, ma vede salvi i piccoli comuni.
E l'opposizione perde in questo modo la possibilità di cavalcare il fronte anti casta.
 

Uniche controindicazioni riguardano i tempi: per tagliare province e parlamentari serve una modifica della Costituzione, non prima del 2013.
Se quanto deciso nel vertice di Arcore venisse tradotto in pratica, non si potrebbe certo porre in discussione chi è il vincitore e chi è il vinto.
Berlusconi ne uscirebbe quasi trionfante a discapito di un Bossi dimesso.


Niente patrimoniale, niente aumento dell'Iva ma taglio della tassa di solidarietà, eliminazione delle tanto amate (dalla Lega) Province e – soprattutto – toccate le pensioni. Da quanto emerge, sembra proprio che il Cavaliere sia riuscito ad evitare ciò che più odia: aumentare le tasse.
 

E la Lega?
La Lega deve accontentarsi dei due miliardi di euro in meno dei tagli agli enti locali, anche se la “botta” delle Province non sarà facile di assorbire.
E anche quella delle pensioni, seppure addolcita dalla parola “effettivi” legata agli anni maturati che rende la modifica decisamente “marginale”.

Ma nella politica degli annunci, nella politica delle immagini, è quella di Berlusconi, di immagine, che torna a brillare.
E la Lega, volente o nolente, le pensioni sarà stata costretta – ripetiamo, seppur marginalmente – a toccarle.


Ma al di là dello “scontro” interno alla maggioranza (anche se alla fine, questa è la miglior quadra possibile, anche considerando che alcune delle posizioni di partenza apparivano inconciliabili), quello che risalta maggiormente è il premier Berlusconi che con una serie di provvedimenti – alcuni dei quali demagogici – prova a riprendersi la scena.
Lo fa mettendo l'invisa casta nel mirino.

Cioè, si auto “massacra”.
Lascia la tassa di solidarietà solo per i politici (impatto economico pari a zero, ma enorme da un punto di vista mediatico).
Decide di dimezzare il numero dei parlamentari.
E abolisce le Province, che erano diventate il simbolo di tutti i mali.
 

Così facendo, che vuoi che sia se i piccoli comuni saranno salvati. Evita l'arrabbiatura dei loro abitanti e stempera la rabbia della Lega.
Oltre nei confronti della gente, Berlusconi poi si riemette in sesto anche nel fronte interno, venendo almeno parzialmente incontro alle richieste dei “frondisti” (anche se sarebbe più giusto chiamarli, “liberali”) che si erano scagliati contro l'aumento delle tasse e il mancato taglio della spesa corrente.


In più, sposando il fiele anti casta, mette in difficoltà le opposizioni tutte che sulla demagogia avevano fondato la maggioranza delle loro rimostranze sulla manovra.
Che dirà ora Di Pietro, tanto per fare un esempio?


Vissero tutti felici e contenti, allora?
Nemmeno per sogno.
Perché i tagli alla casta (parlamentari e province) hanno bisogno di una modifica costituzionale, quindi non sono così scontati e nemmeno immediati.

Che fa Berlusconi, rischia di venire “sputtanato” tra due anni quando – potete scommetterci – il Parlamento non voterà mai il proprio dimezzamento o l'eliminazione delle Province?
Nemmeno per sogno.

Nel 2013 ci sarà un altro governo, può darsi anche di sinistra, ma questo poco importa a Berlusconi, visto che questi interventi stanno a dimostrare che lui quasi sicuramente non si candiderà.
Ed in ogni caso, poco importa.
Il Cavaliere non passerà alla storia come quello che ha aumentato le tasse ulteriormente.
E questo a lui importa, eccome.

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