martedì 23 agosto 2011

Ferrara: Berlusconi faccia subito quello che non gli hanno fatto fare prima


 
La polemica gridata intorno al commissariamento europeo del governo è insulsa e una punta ridicola.
L’unione è monetaria, il mercato di merci e capitali è unico, la sfera fiscale riguarda direttamente la moneta, i bilanci pubblici sono sottoposti ai trattati, l’interdipendenza è radicata, profonda: ma di che parlano questi analfabeti istituzionali?

Le Cassandre del commissariamento sono state negli anni il partito dell’euro come disciplina di stretta osservanza comunitaria o unionista, e adesso gli adoratori di Carlo Azeglio Ciampi rimproverano a Silvio Berlusconi l’ovvio adeguamento a standard comuni nella crisi dei mercati?
Ma anche la demagogia dovrebbe avere il limite del senso comune, dovrebbe applicarsi alle cose, non alle finzioni verbali.

La verità è che Rodriguez Zapatero ha mollato, Barack Obama è stato declassato, Nicolas Sarkozy si batte per risalire da un precipizio nei sondaggi d’opinione, Angela Merkel passa da un successo economico a una batosta elettorale e David Cameron ha qualche problemino con la big society.
Governare in Occidente è sinonimo di turbolenza, il timone funziona poco dovunque, i motori della crescita hanno bisogno di combustibile nel confronto competitivo con le economie asiatiche dirompenti nel mercato mondiale.

È vero che Berlusconi a gennaio aveva lanciato la «frustata», aveva previsto la necessità di fronteggiare l’afflosciamento strutturale dello sviluppo con uno sforzo eccezionale oltre la sola misura del contenimento del deficit; è vero che se avesse dato battaglia prima, con coerenza e determinazione, se avesse castigato le forze sociali provocandole a un programma di vere liberalizzazioni e riforme fiscali, convocando come aveva annunciato gli stati generali dell’economia e strattonando l’inerzia nel Mezzogiorno, tutto sarebbe stato diverso, perché in politica l’anticipo è sempre la carta vincente.

Nonostante questo, Berlusconi ha mille ragioni per rivendicare stabilità e coesione nazionale, la prima delle quali è la mancanza di alternative e la necessità di procedere al picconamento del debito pubblico e delle sue cause strutturali.
Oltre a Francesco Giavazzi, uno che le cose le ha viste per tempo, anche il Financial Times ha riscoperto il bene dell’istinto personale, ha escluso soluzioni tecnocratiche non credibili, ha affermato l’opportunità di sfruttare quel che di più prezioso ha dato Berlusconi all’Italia, certo non l’ordine e la disciplina, ma un senso per le emergenze e la direzione di marcia, quello sì.

Avrà pure un significato il fatto che oltre al giornale della City di Londra anche il giornale dei borghesi di Milano e delle banche, il Corriere della sera, ha piantato lì con il moccolo in mano tutte le generiche tendenze a un governo tecnico, escluso per il bene della patria con parole molto chiare.

Nessuna persona di buon senso, nessuno che abbia reali interessi da difendere nel contesto sociale pensa che una coalizione improvvisata di sostegno agli esperti, nelle mani della demagogia antipolitica dei pm, potrebbe risolvere alcunché nel caos finanziario e politico che ci circonda.
Se un premier non ha alternative, se le elezioni sembrano una parola d’ordine da mattocchi, se un governo diverso dal suo risulta l’improbabilità incarnata, vuol dire che il suo governo ha ancora una sufficiente credibilità per agire e fare il suo mestiere.
 

1 commento:

  1. Certo che per ferrara è un bel colpo... 3000 € a puntata per 5 minuti su rai 1 a sparar fesserie... e intanto noi paghiamo!!!

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