giovedì 3 novembre 2011

Rischi di governo in salsa greca


di Arturo Diaconale
 
Per paura dell'arrivo dei “colonnelli” il governo socialista greco ha “tagliato la testa” ai generali destituendo con un colpo solo il Capo di Stato Maggiore Generale della Difesa ed i Capi di Stato Maggiore delle tre Armi. 
In Italia, per fortuna, un pericolo del genere non esiste.

Da noi, a differenza che in Grecia, non esiste la tradizione di dare alle grandi crisi lo sbocco del governo militare.
E, quindi, i nostri alti ufficiali possono stare restare tranquilli ai loro posti.
Nessuno si sognerà mai di toccarli! Da noi, semmai, esiste una diversa tradizione.
Che risale addirittura all'epoca monarchica e che consiste di cercare di dare un qualche sbocco alle crisi particolarmente gravi e pericolose attraverso la formazione di governi presieduti da personaggi di strettissima fiducia della massima autorità dello stato.

Ai tempi dei Savoia questi sbocchi si chiamavano “governi del Re”. Nell'Italia repubblicana si chiamano “governi del Presidente”. 
Questi governi dovrebbero realizzare una sorta di tregua nella normale dialettica tra le diverse forze politiche e realizzare, grazie a questa tregua, le misure necessarie per far uscire il paese dalla crisi del momento.

La differenza tra la tradizione greca e quella italiana è evidente.
Quella greca è una tradizione di sbocchi autoritari.
Quella italiana rientra, invece, nei canoni e nelle regole della democrazia parlamentare. Sempre a condizione, ovviamente, che la tregua sia concordata tra le principali forze politiche ed il personaggio chiamato a guidare il “governo del Presidente” non sia espressione di questo o quello schieramento ma possa essere considerato al di sopra delle parti.

Di fronte agli ultimi drammatici sviluppi della crisi internazionale le due tradizioni sono tornate a riaffiorare in Grecia ed in Italia. Ma mentre ad Atene il pericolo di sbocco militare è stato stroncato preventivamente, a Roma cresce la spinta di chi vorrebbe che la tradizione italiana venisse rapidamente applicata in una versione di tipo greco.
Insomma, non ci si limita a chiedere al Capo dello Stato Giorgio Napolitano di rimuovere l'attuale governo, di sostituirlo con uno presieduto da un personaggio di sua stretta fiducia ma anche di realizzare l'operazione in maniera autoritaria e senza badare troppo al rispetto delle regole della democrazia parlamentare.


Il Presidente della Repubblica, secondo costoro, non dovrebbe far altro che obbligare Silvio Berlusconi a dimettersi, nominare un nuovo Presidente del Consiglio preferibilmente nella persona di Mario Monti e costringere le forze politiche (in particolare, ovviamente, quelle che fanno capo al Premier deposto) a trovare una intesa su una serie di misure in grado di fermare la speculazione internazionale e salvare la nostra economia.

A dispetto delle pressioni in questo senso che hanno assunto un ritmo addirittura ossessivo, però, non sembra che Giorgio Napolitano voglia applicare la versione greca della tradizione italiana. La sua resistenza dipende sicuramente dalla volontà di rispettare integralmente i compiti che gli sono assegnati dalla Costituzione sia pure in una interpretazione più attiva e presenzialista del ruolo del Capo dello Stato.

Ma dipende anche dalla consapevolezza realistica che al momento non esistono le condizioni per un “governo del Presidente” in salsa greca.
Non esiste il tecnico super-partes (Mario Monti è l'espressione dei “poteri forti” e non di se stesso).
E' facile preventivare che in caso di rimozione del Premier il Pdl sarebbe animato da un forte sentimento di rivalsa e di rabbia per l'ennesimo tradimento della volontà popolare.

Ma, soprattutto, è praticamente impossibile che alla vigilia di possibili elezioni anticipate o alla vigilia dell'ultimo anno e mezzo di legislatura, cioè di una campagna elettorale di lunghissima durata, sia possibile imporre una qualsiasi tregua per realizzare misure impopolari destinate a lasciare il segno per lungo tempo.
Napolitano, che è saggio, sa che la salsa greca da noi risulta acida ed indigeribile. 

Per questo farà di tutto per costringere l'attuale governo a fare il “lavoro sporco” che gli compete con l'eventuale concorso di una opposizione temporaneamente costruttiva. 
Al realismo non c'è alternativa!

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