giovedì 17 novembre 2011

Niccolò Berlusconi


  di Gianni Pardo      

Per anni l’idea corrente, a sinistra, è stata che Silvio Berlusconi sia un superficiale e uno sciocco.
A destra invece l’idea corrente è stata che sia un ingenuo e un bonaccione.
Nessuno gli ha attribuito, malgrado i suoi straordinari trionfi imprenditoriali e politici, una qualità che potrebbe avere in misura notevole: l’intelligenza. 

Oggi si può fare un’ipotesi controcorrente e attribuirgli, accanto all’intelligenza, un pragmatismo degno di Niccolò Machiavelli. 


Non che si possa essere convinti che si tratti della verità – solo i fatti lo diranno – ma è già divertente discuterne.
Se Berlusconi avesse detto al governo Monti un sì senza riserve, forse parecchi dei suoi lo avrebbero abbandonato: non ci si può alleare oggettivamente col Pd dopo anni ed anni di odio e calunnie e non ci si può mettere nella condizione di essere considerati privi di dignità dai propri elettori.

E allora, dire un no secco e duro, come quello della Lega? Idea allettante ma il Pdl non è la Lega. Mentre Bossi può andare all’opposizione e per il governo Monti non cambia nulla, se all’opposizione va il Pdl quel governo non può nascere; si dovrebbe andare immediatamente alle elezioni e il Pdl le perderebbe: infatti l’Italia potrebbe affondare – si direbbe - proprio per la mancanza di un governo nella pienezza dei suoi poteri. E tutti darebbero la colpa a Berlusconi.

Per il no (andando alle elezioni) c’era un’altra difficoltà: il fatto che un bel gruppetto di parlamentari avrebbe perso la pensione non avendo completato la legislatura. Costoro, per puri interessi monetari (comprensibilissimi, si tratta di girarsi i pollici fino alla morte, vivendo nell’agio) avrebbero potuto andare a votare con gli avversari, fino a dare la maggioranza al Pd e ai suoi alleati.

Il problema somiglia a quello della capra, del lupo e dei cavoli. Ma il Cavaliere sembra essersi ricordato di come si risolve l’indovinello: basta tenere sempre separati i due elementi che messi insieme creano il disastro.

Il Pdl dice sì al governo Monti e il nuovo governo adotta, col sostegno del Pd, tutti i provvedimenti peggio che scomodi che il momento economico richiede. Il partito di Berlusconi evita così di portare da solo quel peso dell’impopolarità che gli impedì, ancora poche settimane fa, di votare le stesse leggi.

Non cadendo il governo, i parlamentari che erano pronti a tradire pur di non perdere la pensione non avranno interesse a farlo. Rimarranno legati al partito che li ha fatti eleggere dal guinzaglio del portafogli.

Agendo così, il Pdl conserva la golden share, cioè la possibilità di far cadere il governo (innanzi tutto al Senato, dove con la Lega avrebbe la maggioranza) nel momento in cui lo vorrà. Dunque farà passare le norme, anche impopolari, che gli convengono, e impedirà che passino quelle che non gli convengono. Infine “staccherà la spina” quando fosse opportuno per sé o per l’Italia, andando alle elezioni.

L’inevitabile impopolarità che ricadrà sul governo del Presidente sarà fortissima. O esso infatti adotterà provvedimenti che renderanno furiosi gli italiani (i quali stavolta non potranno prendersela con Berlusconi) oppure l’Italia sarà mandata a fondo dai mercati: e gli italiani saranno furiosi contro un governo nato proprio per impedirlo.

Tutto ciò premesso, mentre fino ad oggi nessun governo, completata la legislatura, è stato riconfermato dagli elettori, stavolta, ammesso che si arrivi a metà 2012 o al 2013, la gente avrà dimenticato gran parte degli avvenimenti attuali. Il Pdl avrà possibilità di vittoria che oggi non può nemmeno sognare e i parlamentari che oggi sono disposti a tradire avranno perso nel frattempo gran parte del loro potere ricattatorio, perché quando il sinedrio centrale deliberasse di sfiduciare il governo dovrebbero decidere il loro tradimento in molti e sui due piedi.

Capra, lupo, cavoli. Berlusconi avrebbe ottenuto: che un altro governo adotti i provvedimenti impopolari; che il Pdl non si spacchi; che esso abbia la possibilità di decidere il momento delle elezioni; che esso possa, in occasione di quelle elezioni, presentarsi con un’immagine rinnovata.

Non male, non male, Niccolò.

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