venerdì 18 novembre 2011

Niente giardinetti, il Cav. torna nella mischia e crea scompiglio


di Salvatore Merlo

“Bisogna cambiare in fretta i trattati europei, c’è un virus che ha colpito la nostra moneta. 
Ne ho parlato con Sarkozy”.  
Silvio Berlusconi porta scompiglio, nel suo partito e in Europa. 
Lo hanno chiamato in tanti per chiedergli di smentire, e lui, alle 14 e 42, detta una nota alle agenzie per confermare che i gruppi del Pdl di Camera e Senato “voteranno la fiducia al governo Monti”.

Ma le frasi pronunciate alla riunione di gruppo del Pdl in Senato Berlusconi non le ha smentite: “Il governo Monti non è stato eletto dal popolo, è un segno di debolezza. 

E’ una sospensione certo negativa della democrazia”. 
Poi: “E’ importante che il gruppo del Senato resti unito, ma ognuno è libero di fare quello che vuole”. 
E infine: “La decisione di non andare adesso al voto e accettare la nascita di un governo tecnico ci è stata imposta dal Quirinale”.

Appena questi lanci di agenzia sono comparsi sugli schermi dei telefonini e degli iPad di deputati e dirigenti, nel Pdl è scoppiato il caos. 

Alle 14, in Transatlantico, nell’attesa dell’arrivo di Mario Monti alla Camera, in un capannello di deputati ed ex ministri, tra cui Maurizio Lupi, Raffaele Fitto, Fabrizio Cicchitto, si potevano sentire queste mezze frasi: “Ma l’ha detto davvero?”; “Secondo me no, non in quei termini”; “certo è che se continua a fare così scoppia tutto però”.

E quel “tutto” che potrebbe scoppiare è il Pdl, diviso sull’atteggiamento da assumere nei confronti del governo tecnico e ancora gonfio di timore per possibili defezioni nell’area democristiana. 

Claudio Scajola e Beppe Pisanu sono tra i più convinti sostenitori dell’operazione Monti. 
Qualora il Pdl curvasse il proprio atteggiamento verso posizioni critiche, se non oppositive al nuovo governo, la paura è che i neo democristiani possano finire attirati dalle sirene dell’Udc e di Pier Ferdinando Casini.

Il Cavaliere è battagliero e rilancia se stesso: “Dobbiamo mobilitare i cittadini, tornare nelle piazze”. Berlusconi sa che per attraversare questa delicata fase deve fare delle concessioni all’uno e all’altro dei due partiti – filomontiani e antimontiani – che lo circondano a Palazzo Grazioli. 

Dunque modula il linguaggio a seconda degli interlocutori, sa che molti degli ex di An (da Giorgia Meloni a Daniela Santanchè) soffrono, e dunque gli si avvicina, concede, denuncia l’operazione del Quirinale e di Monti. 
Il Cavaliere sa pure che non può lasciare che la Lega di Roberto Maroni si allontani troppo. 
Poi però riceve le telefonate di Lupi e Cicchitto, e con loro usa un altro linguaggio, si corregge e corregge.
 

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