giovedì 17 novembre 2011

Gli economisti che fanno piangere

    MONTI E SALAZAR
di Ruggiero Capone 
 
L'Italia ha avuto Cavour, Mussolini, De Gasperi, Andreotti... Craxi, Prodi, Berlusconi. Al Belpaese mancava un Salazar, un professorissimo. Oggi anche quest'esperienza inizia a temprare lo Stivale. Perché c'è Monti, professore d'economia come il suo lontano omologo lusitano António de Oliveira Salazar.

Entrambi formatisi alle scuole gesuite e poi studi universitari in economia. Il neonominato premier italiano ha frequentato l'Istituto Leone XIIIesimo di Milano, fondato dalla Compagnia di Gesù come il seminario di Viseu dove ebbe a formarsi il giovane Salazar. Nel 1994 il Cardinale Martini (allora arcivescovo di Milano) ebbe a dire alla presenza di Monti che gli istituti gesuiti “portano avanti la missione di suscitare persone che sappiano contribuire al rinnovamento culturale - disse Martini -, morale e religioso, attraverso una formazione che dia il primato al senso di Dio, al Vangelo, all’intelligenza complessiva dei fatti, alla responsabilità personale e sociale, alla crescita della dimensione contemplativa”.

Pochi sanno che Salazar usò parole analoghe nel '21, sull'organo della “Gioventù cattolica portoghese”, per descrivere la sua missione politica. Intendiamoci, lungi da noi portare critiche a Salazar come a Monti, entrambi hanno già varcato la storia come economisti di fama.

All'Università di Coimbra c'è ancora una cattedra d'economia politica che s'ispira al solco salazarista, al pari dell'impronta Monti che mai abbandonerà la Bocconi. E le parole con cui lo storico francese Jaques Georgel ebbe a descrivere Salazar sembrano calzare a pennello sul nostro “professorissimo” Monti.
“Freddo, distaccato, solitario, misantropo e sedentario, chiamato al Dicastero delle finanze nel 1926 da Cabeçadas, rinuncia alla carica dopo cinque giorni per dissensi politici e, soprattutto, perché intuisce che il momento non gli è ancora favorevole: le sue condizioni per l'entrata nel Governo non vengono accettate e il rischio di restare bruciati è troppo alto.

.. Salazar - scrive Jaques Georgel - non si reca in nessuna casa di amici. Non accetta mai un invito a cena di coloro che hanno l'onore della sua fiducia 'Devo sentirmi - dice Salazar - libero dai sentimenti. Non voglio dare a credere che quello o quell'altro decreto possa favorire o ledere una persona con cui mi sono incontrato il giorno precedente la firma di questo o quel decreto'”.
Ma il Portogallo del primo '900 nulla aveva a che spartire con lo Stivale del Terzo Millennio. La Terra di Lusitania è preda nel primo Secolo Breve d'una instabilità politica violenta: tra conflitti sindacali, lotte tra clericali ed anticlericali, riforme promesse e non realizzate, colpi di stato più o meno sanguinosi, prende forma tra i poteri forti bancari l'idea d'affidare lo stato ad un economista di rango, Salazar.

Salazar di destra almeno quanto (e certamente più) del nostro Monti. Entrambi un abbaglio per socialisti e cattolici che bramano d'avere uno stato con i conti in ordine. “La vera libertà non può esistere se non nel profondo dell'animo umano” ripeteva Salazar ai portoghesi con fare professorale, e poi aggiungeva “l'ordine ha sempre rappresentato la condizione indispensabile della bellezza, soprattutto l'ordine nei conti dello stato”.

Parole attuali, sembrano quelle con cui l'Ue ha spalancato la via al governo Monti. Corre obbligo precisare che l'Italia di Silvio Berlusconi non ha nulla in comune col Portogallo sconvolto da Artur Alves Reis, autore dello scandalo della Banca del Portogallo, truffa che lasciò in mutande nel '25 il governo di Lisbona.

Anzi, l'Italia di Berlusconi è caduta vittima dei raggiri bancari internazionali, cucinati da gente che ha lavorato gomito a gomito con Monti, Draghi... in GoldmanSachs. L'Estado Novo di Salazar (al pari di quello del neopremier Monti) si basa proprio sull'avere carta bianca nel mettere drasticamente ordine nei conti pubblici, a costo di mettere dignitosamente a morte per fame migliaia di cittadini, di contribuenti.

Nel 1928 Salazar, con pieni poteri, applicava la politica del “rigido contenimento della spesa”, riportando il bilancio non solo in pareggio ma, addirittura, in attivo: tutti avevano fallito, perché provavano pietà verso la gente ridotta alla fame. A chi protestava Salazar consigliava di “pregare, di fare sacrifici per il bene dello Stato”.

Salazar doveva essere solo una parentesi, poi manteneva il potere per oltre 35 anni, grazie al sostegno di Chiesa e banche. Un regime poco tangibile, per nulla assimilabile al contiguo franchismo o agli esempi fascisti e nazisti. Salazar, professore d'economia, piaceva al mondo, il suo Portogallo era nella Nato e dialogava con la nascente Cee.

A Salazar nessuno muoveva critiche, e perché i conti erano a posto. Non riuscirono a fargli nemmeno la “Rivoluzione dei garofani”, che invece propinarono al suo successore (politico e non economista) Marcelo Caetano. Salazar, al pari di Monti, fece ministro dell'Interno un prefetto, e sedette professori e banchieri sulle altre poltrone. troppi parallelismi, come la politica del rigore, e dopo le parole di Bocchino non ci meraviglierebbe una lunghissima parentesi del “professorissimo”. 

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