sabato 12 novembre 2011

Gentile Cav., non ci manchi di rispetto

Abbandoni quelle trattative piagnucolose e 

si riprenda la sua fantasia 

di Annalena Benini

E’ un atteggiamento di grave mancanza di rispetto. Di insensibilità verso un elettorato pacifico, moderato, anche un po’ ansioso, che chiede però di non doversi infilare degli stecchini sotto le palpebre, la mattina, per leggere le pagine politiche dei giornali (si ritiene che in questi giorni sia un imperativo categorico farlo) per riuscire a restare sveglio dalla prima all’ultima riga.



Se Silvio Berlusconi avesse avvertito che voleva dissipare tutto il bagaglio di colpi di scena accumulato fin adesso e traccheggiare, consultarsi per pomeriggi interminabili, ricevere prima questo poi quello, diventare un burocrate (con la parruccona bianca al posto del trapianto pop), farsi venire l’influenza da stress, ci si organizzava: potevo mettermi in grembo la scatola del rammendo o quella delle fotografie dei bambini e ordinarle cronologicamente con didascalie mentre guardavo Michele Santoro e i suoi ospiti, l’altra sera, a “Servizio Pubblico”, e tutti dicevano cose tecniche e si davano ragione a vicenda, parlavano a voce bassa, e prima lei, no si figuri sono talmente d’accordo (gente che in tempi berlusconiani era in grado di spaventare Hannibal Lecter), avrei potuto pulire a fondo la cucina e sbrinare il freezer.

Oppure cominciare a bere subito, alla parola “ineluttabile”. Quando Silvio Berlusconi ha fatto sapere che un governo Monti è “ineluttabile”, che è stata anche la cosa più vivace che abbia detto dal giorno della perdita della maggioranza. Ci aveva abituati a tutto, toccando vertici indicibili di intrattenimento, folgorazioni e imbarazzi, ma non a questa mancanza di scintille: qui non c’è né la scena né il retroscena, c’è una grande sconfitta subito rimpicciolita a scartoffia. Tutta la trepidazione, l’attesa, l’euforia da cambiamento, è tutto già perduto, ingrigito. “Deciderò dopo avere ascoltato tutti gli alleati di questi anni”, e intanto bisogna leggere che Adolfo Urso dialoga, Andrea Ronchi è a disagio, Renato Brunetta converge, Maurizio Gasparri è tiepido ma non chiude, Claudio Scajola dà consigli ma a sua insaputa, mentre il Cav. dice sì a tutti e parla al paese attraverso questi ventriloqui, per niente padrone della sua inventiva.

Ha dormito non più di tre ore negli ultimi due giorni, dice il sollecito medico, ha la febbre alta perché è addolorato dai tradimenti, non segue le raccomandazioni di riposo assoluto (e ci mancherebbe che si sedesse già adesso su una panchina ai giardinetti), ma forse è anche disperatamente annoiato: poiché si cade in depressione soltanto a leggerlo da lontano, dev’essere una pena straziante questo continuo ricevimento di deputati, mediatori, sanguisughe, scontenti, piagnucolanti, rancorosi. Paralizzato da vertici e controvertici, da questa cosa prevedibile e scontata che immalinconisce e spegne l’eccitazione (in senso culturale) di chiunque. Non è da Berlusconi starsene lì mogio, in poltrona, senza nemmeno telefonare a un talk show o scendere a comprare collanine, e lasciarsi espropriare la fantasia, non è possibile che stia facendo conti e liste senza inventare qualcosa di diverso da una marcetta buona per tutte le orecchie. Quindi, sempre con gli stecchini negli occhi e la scatola del cucito, ci si chiede quando finirà lo scherzo, e a che punto del melodramma il Cav. si leverà il grigio travestimento.

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