giovedì 12 gennaio 2012

ARRIVANO I PM, ORA IL COLOSSEO PUÒ CROLLARE IN PACE


                                                                di Camillo Langone
I Della Valle, pronti al restauro, rischiano una accusa di abuso d’ufficio dopo l’intervento di Codacons e Uil


Colosseo sempre più a rischio. 
Come le teste dei visitatori, visti i crolli annunciati. 
Come tutti noi, se crediamo all’antica profezia di Beda il Venerabile: «Finchè starà il Colosseo, starà Roma / quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma / quando cadrà Roma cadrà il mondo». 
Il bello è che stavolta i soldi per il restauro ci sono. 
Il brutto è che in Italia nemmeno i soldi sono sufficienti, se si mettono di traverso giudici e garanti, Codacons e Uil.

L’ultima notizia è che sulla provvidenziale sponsorizzazione di Diego Della Valle (venticinque milioni senza i quali addio lavori) hanno aperto un’inchiesta la Procura di Roma e la Corte dei Conti, come se per rallentare il cantiere non bastassero i rilievi mossi pochi giorni fa dall’Antitrust. 
Ovviamente, conoscendone la permalosità, non mi sogno di discutere l’operato dei magistrati. 
Spero soltanto che sentano gli occhi del mondo puntati addosso, la prossima caduta di tufi sarà difficile imputarla ai piccioni (come ha fatto la direttrice del monumento in occasione dell’ultimo tonfo): finiranno con l’imputarla a loro.

Mi permetto invece di dire due paroline ai capi di Codacons e Uil, le due entità che hanno brigato per far bloccare tutto: siete per caso impazziti? 
O forse accusate Della Valle di disinvolta ricerca di visibilità perché è una tentazione che conoscete bene? 
Oppure vi si è scollata la suola delle Tod’s e volete fargliela pagare? 
Credevo che il Codacons, associazione a difesa dei consumatori, si occupasse di maxibollette e contraffazioni alimentari, mentre la Uil, storica sigla sindacale, immaginavo fosse impegnatissima a garantire un futuro a pensionati e precari: che cosa c’entra, con tutto ciò, l’Anfiteatro Flavio?
Sarò fissato con l’ordine ma credo sia evidente che questa confusione di ruoli, questa continua polemica, questa litigiosità interminabile farà bene a qualcuno ma non al patrimonio artistico.

Certo che pure il governo Monti ha le sue colpe. 
Dov’è il ministro della cultura Ornaghi, ad esempio? In quanto cristiano se lo sono mangiati i leoni? 
Temo che abbia ragione il suo predecessore Galan: «Si è fatto mettere i piedi in testa dal guardasigilli Paola Severino». 
In consiglio dei ministri l’ex rettore della Cattolica si è fatto scippare il cinque per mille della cultura, finito a finanziare il ministero della giustizia. 
Senza nemmeno gridare aiuto, inseguire i borseggiatori, denunciare il misfatto. 

Sembrava impossibile che al Collegio Romano arrivasse un ministro più blando di Sandro Bondi e invece eccolo.
Non c’entra col Colosseo ma dice la fiacchezza del personaggio: quando Monti ha liberalizzato le aperture dei negozi, consentendo tutte le aperture domenicali possibili quindi la rottamazione del terzo comandamento, Ornaghi, in passato sempre pronto a farsi fotografare col Papa o col crocefisso sullo sfondo, è rimasto zitto e muto.

Ecco, appunto, le liberalizzazioni. Nel pacchetto governativo ce ne sono di giuste, ce ne sono di sbagliate, anzi di empie, ce ne sono di tutti i tipi però ne manca una essenziale: la liberalizzazione dell’arte. 
Che non significa vendere Pompei alla Disney, come auspicato ieri da Edward Luttwak, luciferino economista americano. 
Ci mancherebbe altro: Mammona vade retro! Bisogna piuttosto consentire agli alfieri del Made in Italy di tenere in piedi monumenti e musei detassando le sponsorizzazioni, e senza scandalizzarsi di fronte ai ritorni di immagine.

Neanche a me sono piaciuti i poster pubblicitari sul Ponte dei Sospiri, però un Ponte dei Sospiri crollato nel canale sottostante mi sarebbe piaciuto ancora meno. 
Dovremmo coccolarli i mecenati (fra l’altro una figura nata proprio in Italia, tanti anni fa), non seppellirli sotto una montagna di denunce e insinuazioni. Dovremmo liberarli dall’incubo delle procure, dei Tar, dei Befera. 
E nel contempo liberare il mercato dell’arte svincolando l’acquisto di quadri e sculture dal redditometro: chi sostiene la bellezza non è un evasore, è un benefattore.

Nessun commento:

Posta un commento

Inserisci qui un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.